Ieri in piscina, seduti sulle gradinate, sommersi dal frastuono combinato delle urla dei maestri, dei tuffi dei bambini, del rimbombo di un posto acusticamente infernale, la mia amica si sporge da dietro il marito, mi tira per una manica e mi fa: Oh, hai visto di Cucchi? Hanno confessato, e io le faccio di sì con la testa e poi mi rigiro a guardare la piscina, i Via! dei maestri, i tuffi scomposti dei bambini in acqua, e penso, penso che è successa una cosa veramente enorme, se ci viene il desiderio di condividerlo anche in questo canaio, in mezzo a questo frastuono tutto diverso e per questo tutto uguale, e allora, mi dico, allora questa cosa è veramente enorme, è una cosa di tutti noi, e devo scriverla, penso, per ricordarmela, perché non si perda fra mille docce e mille asciugature di capelli, fra mille merende e mille corse verso scuola, scriverla per non dimenticarla, scriverla me e anche per chi nuota in questa piscina e di questa storia sentirà parlare fra molti tanti anni.
Ieri 11 ottobre finalmente il primo carabiniere ha ammesso che Stefano Cucchi è stato picchiato. Noi proseguiremo ad andare in piscina, Stefano Cucchi non può più da nove anni. Ma ieri finalmente qualcosa è accaduto, e noi, pur nel frastuono inutile delle nostre vite, ce lo siamo detti. Siamo vivi, in fondo, nonostante tutto.